Archivio | 8:08 PM

Padre universale

19 Mar

Domani non esiste, ieri non è mai successo, oggi è un termine vago. Esiste sono il qui ed ora. Tutto il resto è metafisica per principianti fiduciosi. Il mio qui ed ora è brutto e puzza di bruciato.
Quando dico che mi imbarazzo non è certo perché mi imbarazzi nei confronti di qualcuno, ma è perché mi vergogno con me stesso.
Mi devo più rispetto di quello che mi dimostro.
Ho perso tanto di quel tempo dietro qualcosa di inesistente da garantirmi un posto in paradiso come un praticante fervente qualsiasi.
Peccato che il paradiso non esista.
C’è solo l’inferno.
Così come dio non esiste.
C’è solo il diavolo.
È stata un’idea sua quella di inventarsi un essere di pura luce, perfetto e pregno d’amore.
Una trappola per miliardi di creduloni.
Questo è il regno di Satana e noi qui scontiamo un peccato infinito.
Dannandoci per il tempo che abbiamo da vivere. Che sembra un’eternità, a viverla giorno per giorno.
Per quello esistono alcool e droga.
Alleggeriscono il peso dell’esistenza, e in alcuni casi la accorciano anche, che è il massimo delle aspirazioni possibili.
Il più grande sbaglio che si può fare è confidare. Confidare che le cose andranno meglio, confidare che chi abbiamo a fianco tenga a noi, confidare che il mondo non ce lo stia per buttare al culo in qualche modo.
Tutte illusioni.
Dovremmo venire al mondo pronti per la guerra, invece ci ostiniamo a credere di essere in pace.
Nessuna pace è possibile, a meno di non essere soli per sempre. Ed anche in quel caso avremmo conflitti interiori.
Non siamo esseri imperfetti, siamo tentavi sbagliati e nient’altro, senza possibilità di miglioramento.
La vita non ci insegna, al massimo ci segna.
Lasciando cicatrici profonde al suo passaggio.
Qualunque genitore dovrebbe insegnare ai propri figli a mordere e graffiare, non a dire per favore e grazie.
Qualunque genitore dovrebbe insegnare ai propri figli a camminare sui cadaveri degli altri, senza voltarsi indietro mai.
La vita è una discesa costante verso l’abisso scuro, senza possibilità di riscatto.
L’unico riscatto possibile è guardarsi in uno specchio senza vergognarsi delle proprie parole, dette, scritte, sussurrate, pensate.
L’unico sentimento che ha ragione di esistere è l’odio. Odiare il bisogno di avere qualcuno al proprio fianco. Odiare la mancanza che si sente di qualcun’altro.
Forgiare il carattere fino ad essere impermeabili alle lacrime, alle lusinghe, alle preghiere.
Forgiare il carattere fino a divenire pietre taglienti a cui non avvicinarsi mai.
Ho 50 anni suonati, ed ancora penso che la vita del drogato sia la migliore al mondo.
Un’esigenza, una soddisfazione.
Niente in mezzo.
Nessun pensiero che si frappone tra la volontà e lo scopo.
E magari, nel frattempo, scopo.
È basilare.
Cacciatori e raccoglitori. Spacciatori e tossici.
Un equilibrio perfetto.
Niente che lo intacchi.
Nessun sentimento.
Domanda ed offerta.
Che è tutto quello che al mondo serve davvero.
Tutto il resto sono elucubrazioni da romantici persi dietro una canzone.
Roba da vecchi punk.
Roba da vecchi, in generale.
Ci chiamano boomer, siamo la generazione X. L’epitome del punk ’77.
Il nostro sangue è nero di polluzione e cemento. Il nostro sangue costa meno del sangue finto usato al cinema, con quell’odore di ciliegia marcita al sole.
Siamo l’ultima generazione dedita al no future, quelle dopo di noi il futuro non l’hanno mai preso in considerazione, noi l’abbiamo rifiutato.
Sono sfumature non da poco.
Mentre le lampade si riflettono sulla stagnola la nostra immagine si scontorna come sulla superfice di un lago in cui siano stati lanciati un quantitativo di sassi.
Il fumo viene aspirato golosamente, come il latte dalle tette di una madre, succhiato fino a fare calare il buio su pensieri orrendi
Gli incubi sono quelli che vedi quando apri gli occhi al mattino e sali sul vagone diretto al lavoro, tutto il resto è solo fantasia malata.
Goditela.
È un consiglio da padre universale.

Uomo di fede

19 Mar

Aspetto qualcosa che non arriverà, come un uomo di fede. Come un uomo di fede credo in ciò che è impossibile vedere, toccare, sapere se veramente esiste o no.
A volte c’è una specie di gioia in questo, altre il dubbio mi assale e mi porta a fissare angoli bui della mia stessa mente ingarbugliata. È uno di quei momenti che mi piacerebbe mandare avanti veloce, senza nemmeno guardare che succede, perché tanto non succede molto. Tranne che mi faccio mangiare da paranoie a branchi, voraci come piranha.
Se fossi davvero un uomo di fede adesso starei meditando sull’abbandonare l’abito talare e spretarmi.
Invece non faccio altro che passare da un letto ad un divano, e aspetto.
Invio messaggi su messaggi per chiedere lavori, che non ci sono e che non escono fuori. Conto gli spiccioli che mi sono rimasti fino alla prossima naspi e accendo una sigaretta dietro l’altra.
Come molti del mio settore mi ritrovo a rivedere, con forte senso critico, le risposte piccate e le prese di posizione, i moti d’orgoglio e le reazioni impulsive avute durante centinaia di lavori passati, quando un periodo come questo non era nemmeno da prendersi in considerazione.
Tutto serve ad insegnarci qualcosa, bisognerà vedere solo se davvero, questo periodo, sarà servito ad insegnarmi ad essere meno riottoso o se invece, come temo, mi trasformerà ancora di più in un rabbioso ed insoddisfatto ex lavoratore dello spettacolo.
Ho debiti ovunque giri lo sguardo, il terreno è un campo minato da affrontare bendati, fidandosi solo del proprio istinto. Che essendo suicida non è certo tra i più affidabili.
Oggi è la festa del papà.
Sarà anche per quello che sento un magone così forte sul fondo della gola.
Per tredici anni sono stato un papà da festeggiare e a cui recitare una poesiola.
Da due anni a questa parte è tutto diverso.
Sbaglio mio, indubbiamente.
Il cielo primaverile dovrebbe mettere un po’ di allegria, invece mi regala solo altra nausea, altro sconforto. Il disagio del caldo, il sudore freddo della dipendenza che ancora non è passata. Non fumo thc da talmente tanto tempo che dovrei essere ormai pulito, ma il cervello, ed il fisico, continuano a cercare un supporto che non sono in grado di fornirgli.
A volte vorrei mandare tutto e tutti a fare in culo, chiudermi in un silenzio totale e aspettare che finisca questo tempo.
Se fossi un uomo di fede potrei pensare che ad un tratto, trovandomi al cospetto di un dio qualsiasi, potrei fare valere le mie ragioni.
Invece sono un ateo totale. Ma ogni ateo ha bisogno di un dio a cui non credere.
Credo solo nel cielo e nella terra, nella sfericità del mondo e degli avvenimenti, che si susseguono come a bordo di un nastro, trovandoci solo di volta in volta più vecchi, ad affrontare dolori che credevamo di avere superato per sempre.
Vorrei essere un albero, mosso dal vento, su cui gli uccelli nidificano, su cui gli amanti incidono stupide sigle promettendosi amore eterno. Sentire i giorni e gli anni come fossero strati di corteccia che salta via.
Sentire le radici affondare in un terreno fertile e generoso.
Invece sono un uomo coi piedi piantati su un asfalto che l’estate ammorbidisce fino a farti attaccare le scarpe al suolo, e l’inverno si spacca in migliaia di crepe invisibili.
Sono nato in quel punto in cui la città non è così tanto città da essere grigia, e in cui la campagna è stata mangiata via da ruspe ed escavatori, poi ricoperta da strati di bitume bollente, schiacciato da rulli compressori.
Ma non abbastanza, tanto che il fiume, i canneti e gli alberi e gli spiazzi di erbaccia sono rimasti lì a ricordare che cosa eravamo prima di questo.
Non ho più un sogno che sia uno.
Non ho più voglia di niente.
Sento solo che piano, quel poco di voglia rimasta sta andando via, asciugata da un sole pallido, nascosto dietro un velo di nuvole chiare.
Ho sognato per una vita di essere innocente, sempre convinto di essere colpevole di qualcosa che non riuscivo a comprendere del tutto.
Oggi non sogno e non sono innocente. Ho colpe vecchie e nuove che mi inondano il sangue, partendo dirette dal cuore, pompate nel sangue a velocità sostenuta.
Il mio battito serve solo a ricordarmi ogni momento che non era per questo che ero qui.
Ma niente e nessuno mi dirà allora cosa ci sto a fare.
Una gioia fugace ogni tanto, destinata ad essere dimenticata in fretta, mentre devo ogni volta tornare al posto che mi spetta, l’unico che posso davvero occupare.
Il posto in cui devono spegnersi sensi e sentimenti, in cui gli slanci vanno trattenuti, in cui bisogna mantenere un tono distaccato e privo di qualsiasi sfumatura troppo affettuosa.
E non perché sia richiesto, ma perché sono io che lo esigo da me stesso.
Mi perdono un sacco di cose, tranne il lasciarmi andare. Ogni volta che mi succede poi vorrei solo prendermi e sbattermi al muro con forza e pigliarmi a schiaffi, ricordare a me stesso che non è per questo che sono al mondo.
Altrimenti non avrei vissuto la vita nel modo in cui l’ho fatto.
Sono la nemesi di me stesso e di questo almeno, mi rendo perfettamente conto.
Uno stupido cane pronto a scodinzolare per la felicità passeggera di una palla lanciata sul prato, ed un gatto forastico che osserva chiunque manifesti gioia, con l’espressione di disappunto di una professoressa zitella ed acida.
Le mie due anime in contrasto.
Se fossi un uomo di fede penserei che uno è il bene e l’altro è il male. Invece sono solo io, che ho fede solo nel giorno e nella notte, e che l’unica certezza che ho è che iniziamo a morire il giorno in cui veniamo al mondo.
Tutto il resto sono chiacchiere da bar fatte per non sentirsi troppo soli.
Ho scelto di non fare quelle chiacchiere da tanto di quel tempo che non capisco nemmeno perché la gente ancora mi saluti.
Sono solo un uomo. Un uomo solo.
Ho campato di rendita grazie ad un aspetto gradevole ed una buona parlantina, in grado di mascherare il fatto che, fondamentalmente, non so un cazzo di niente. Adesso come adesso non so che farmene, né dell’aspetto gradevole, né della buona parlantina. Mi servono solo a passare in mezzo alla gente, con l’aria incazzata e lo sguardo alto di chi non vuole rotture di coglioni.
Mi servono solo a stare a galla. Cercando di non affogare in mezzo al mare di dubbi nel quale sono immerso.
Sono un ateo che prega, ed è solo uno dei milioni di controsensi che costituiscono la mia essenza. Un’essenza di cui, davvero, nessuno sente il bisogno.