Prendila come viene

14 Apr

Osservo immagini a cascata nella parete d’osso su cui il cervello che vi è contenuto, le proietta.
Sono il pensiero irrazionale, privato di un organismo non causo alcun aumento del battito, non interferisco con l’affluenza di sangue in determinate aree.
Non produco alcuno stato d’ansia perché sono scollegato dallo stomaco e dal diaframma. Non ci saranno contrazioni in alcun senso.
Osservo ricordi, quelli più freschi, quelli più vecchi, tutta la vita che ci è stata in mezzo.
Osservo tutto col distacco che mi garantisce questo essere scollegato dal corpo che mi ha prodotto.
È successo ad un tratto, non saprei dire come, eravamo seduti su questo divano insieme, ricordo che stavamo scrivendo una canzone, suonicchiando pigramente la chitarra, e ad un tratto non sentivo più nulla, né la voce né le corde al contatto con unghie o polpastrelli.
Ma il corpo continuava lo stesso a suonare e scrivere.
Ero io che mi ero distaccato.
Io che fino a quel momento mi ero sentito così essenziale, ho scoperto in un momento cosa sono in realtà.
Tutti i dubbi, le paure, le ansie, l’inadeguatezza, il disagio, producono pensieri impossibili da controllare, come avere mille voci in un’unica testa, e tutte sembrano avere urgenza e priorità sulle altre.
Ed è lì che sono nato io, che racchiudo tutte queste voci.
Sono il pensiero irrazionale di quest’uomo, e da quando ha trovato il modo di chiudermi in questa parte del cervello che non utilizza mai, percepisco la sua serenità.
Continua ad avere paura, è certo.
Continua ad avere dubbi e incertezze, è ovvio.
Eppure non è più preda e ostaggio di dubbi, paure ed incertezze. È il fatalismo del cow boy che gli fa dire:
-prendila come viene.
Le cose andranno comunque come devono, l’unica possibilità che abbiamo è quella di non lasciare che la paura ci tolga anche il bello, dalle cose che, inevitabilmente, accadono.
Altrimenti sarebbe come decidere di non vivere, perché tanto prima o poi si muore lo stesso.
Ed il fatto che si muore è l’unica certezza inconfutabile della nostra vita.
Eppure quasi tutti decidono di vivere nel frangente temporale che gli tocca, e per la durata che gli tocca.
Ed il fatto che finisca forse, è quello che rende così bello essere vivi.
Se la gioventù non finisse mai non sarebbe così bella, sarebbe solo noiosa.
E difficilmente si vede un giovane felice di essere giovane. Di solito uno se ne rende conto dopo, di quanto era bello essere giovani.
E posso affermare che da quando non sento più lo stomaco contratto, perché non ne ho più uno a cui collegarmi, anche io vivo meglio. Continuo ad osservare incubi e presagi, immagini frustranti o spaventose, però senza l’effetto collaterale della sensazione fisica è tutta un’altra cosa.
È come essere chiuso ad un Fanta Festival infinito. A tratti mi sganascerei dalle risate, se avessi una bocca con cui farlo.
Mi siedo qui comodo, sulle rughe del cervello, morbido ed avvolgente, e metto play.
Mi rivedo qualche brutto sogno, qualche fobia inconfessata, qualche sogno bagnato di quelli che non racconterebbe neanche G.G. Allin, insomma ho una discreta scelta.
E passo la giornata a scorrere tra tutti i mostri e le le figure macabre che popolano queste immagini.
E lui intanto, senza di me, pulisce casa, si prepara da mangiare, stende una lavatrice, piange su un film e sicuramente dorme.
Lo sento che dorme molto meglio.
Mi manca un po’.
Chissà se anche lui sente la mia mancanza…

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