Archivio | 5:37 PM

Hangover and over

7 Mar

Il suono ovattato di una cassa bluetooth nascosta in un angolo, le vibrazioni l’hanno fatta cadere a terra, tra chitarre ed effetti.
Lui dorme sul divano, un paio di bottiglie di birra vuote sul tavolo multicolore.
Odore di fumo e di pioggia che entra dalla finestra aperta. Ad un tratto apre gli occhi convinto di avere sentito suonare il telefono, invece è solo un altro pezzo di Vinnie Paz che dice che questa è la fine dei giorni.
Apre gli occhi e pensa immediatamente due cose:

che vorrebbe continuare a dormire per sempre, e che se Vinnie avesse ragione e che se questa fosse davvero la fine dei giorni, a lui non dispiacerebbe affatto.


Resta così, un po’ confuso ed un po’ incazzato. Ragioni insondabili lo spingono ad insistere su qualcosa che dovrebbe solo lasciarsi alle spalle. Si alza e va a mettere la testa sotto il getto d’acqua fredda del rubinetto del lavandino. Le luci del bagno lo fanno sembrare più vecchio, più stanco, più povero e più solo di quanto non sia davvero.
Si dà una lavata veloce, si veste in fretta, uguale a quando aveva diciotto anni, anche adesso che ne ha cinquanta, jeans, maglietta, felpa ed è pronto.
Per andare dove non lo sa, ma non c’è nulla da fare in casa, e fuori il sole fa dimenticare il freddo e tutte le altre brutte sensazioni che si porta incollate addosso, in profondità, come i tatuaggi che gli coprono una buona parte del corpo.
Guarda per un momento le chitarre e si sente in colpa perché non ricorda quant’è che non ne suona una.
Alle spalle c’è una vita, passata in fretta, piena di cose che vorrebbe ricordare ed altre che vorrebbe dimenticare, per questo è meglio infilarsi un paio di scarpe sulla porta di casa ed uscire rapidamente.
Ha sempre il terrore di lasciare le chiavi dentro, sarebbe un problema perché è l’unico paio, ma forse anche lasciarle a qualcuno potrebbe essere un problema.
Quindi bisogna solo stare attenti e nient’altro, fidarsi solo della propria memoria e presenza di spirito.
Qualcosa di simile ad un atto di fede, quando la memoria e la presenza di spirito sono le sue, che è un noto rincoglionito.
In strada l’aria è frizzante, al sole fa caldissimo, quando passa nelle vie strette ed ombreggiate dagli alti palazzi invece, il freddo diventa pungente.
Si accende una sigaretta dopo l’altra, parla un po’ al telefono, con un’espressione sorridente che lo fa sembrare una triglia pronta ad essere pescata. È consapevole di essere completamente preda di emozioni e sentimenti accavallati, come nervi doloranti, e accetta questo stato di cose perché in fondo ci si trova bene, come non gli capitava da una vita.
Il lavoro continua a scarseggiare, nessuno chiama e non c’è uno spiraglio all’orizzonte.
La disoccupazione entra con regolarità permettendogli di sopravvivere a fatica, senza potere fare progetti di alcun tipo.
Potrebbe essere davvero l’anno in cui deve cambiare di nuovo. Come ha fatto milioni di volte. Solo che a 50 anni è difficile anche solo da pensare.
In strada incontra un paio di persone, scambiano due chiacchiere, si infilano in un bar, prendono un paio di birre.
Li ascolta discutere animatamente di fronte al bancone, di qualche strano movimento che vorrebbero pianificare.
Si distrae facilmente osservando immagini di guerra dalla striscia di Gaza, di sottofondo ci sono pezzi pop da qualche canale musicale.
Bambini mutilati e parole d’amore a un tanto al chilo.
Fame e freddo negli occhi delle persone assediate e l’ultima hit della cantante fregna che mostra abbondanti porzioni di corpo abbronzato. Gli schermi sono vicini, in mezzo c’è quello su cui controllare i numeri del lotto.
Tre immagini di questo tempo così strano ed incomprensibile.
Ad un tratto un senso di nausea gli opprime il petto, si scusa con i due tizi che conosce a malapena e prova a prendere aria, dopo un istante lunghissimo si infila di nuovo nel bar e corre al cesso, che è pulitissimo come ti aspetteresti da un locale gestito da cinesi.
Resta un secondo con il vuoto assoluto nella testa e negli occhi, poi vomita il pranzo, le birre e la bile.
Gli lacrimano gli occhi. Ripensa a quella volta in cui era svenuto nel suo bagno e si era svegliato seduto in una posizione assurda nella vasca. Ricorda che immediatamente prima di aprire gli occhi quella volta, aveva avvertito la sensazione assurda di stare dormendo comodissimo.
Era stata proprio quella a farlo svegliare.
Ogni volta che si era sentito così bene in realtà si era ritrovato in situazioni agghiaccianti.
Una volta si era svegliato e la prima cosa che aveva visto era un mezzo supplì che giaceva sul suo cuscino del letto singolo.
Era nella sua cameretta a via della Magliana.
Aveva passato una serata con gli amici. Si erano ubriacati male e tanto. Ed erano ragazzini di quattordici anni. Si era svegliato in mezzo ad un mare di vomito.
Si era sentito benissimo fino all’istante prima di aprire gli occhi.
Poi era stato male per due giorni.
Un fischio all’orecchio fisso ed un mal di testa da campionato mondiale.
Era stata l’ultima volta che aveva bevuto Martini. A distanza di 36 anni solo sentire l’odore lo faceva stare male.
Una volta si era alzato da un marciapiedi.
Ricordava perfettamente la sensazione assurda di staccare la testa dall’asfalto come avesse avuto una ventosa montata nella regione parietale del cranio rasato a lametta.
In realtà era crollato in qualche maniera e si era aperto un buco nella testa che aveva lasciato una macchiolina di sangue sul cuscino, ogni giorno per un anno.
Ora era in questo cesso di un bar di cinesi.
Era certo di non avere bevuto molto.
Appena un paio di birre.
Eppure eccolo qui a vomitare e sentirsi brividi gelidi che gli attraversavano un corpo sudato.


Questo forse non sarebbe stato il suo anno migliore, ma era abbastanza certo che sarebbe sopravvissuto anche a questo bisestile.
In un modo o nell’altro.