Archivio | 10:52 PM

La realtà dei fatti

9 Mar

C’era la speranza vestita a festa che sorrideva ed aspettava, fiduciosa, fuori dalla porta, nel patio buio. Intanto scendeva acqua a secchiate da un cielo scuro e profondo come un immenso gorgo.
I fulmini illuminavano per un istante quell’ammasso di nuvole gravide. Ad un tratto dei fari fanno luce sulla sedia a dondolo nel patio, fino a fermarsi ed illuminare il pozzo nel giardino. L’automobile si ferma. Scende l’ottimismo con un sorriso disarmante, saluta con un cenno la speranza e nel frattempo riesce ad inzupparsi fino al midollo, tra i passi che muove con le sue scarpe di vernice sull’erba ed il fango, e tra tutta la pioggia che gli si riversa contro da tutti i lati.
Perché nel frattempo si è alzato un vento impietoso che muove vortici d’acqua  nell’aria. L’ottimismo, senza abbandonare il sorriso dice alla speranza, vedrai che smette tra poco. Adesso lo sguardo della speranza è un po’ più perplesso di quando era arrivata un’ora prima ed aveva suonato il campanello, senza avere ricevuto risposta.
Che dicono? Non aprono?
Beh magari non hanno sentito, le luci sono tutte accese, ho sentito il vociare e si vede benissimo che sono in casa, continuano a passeggiare dietro quelle tende alle finestre.
Ma sì, vedrai che ora aprono, dice l’ottimismo con quel sorriso che la speranza comincia a trovare un filo disturbante.
Dentro intanto la realtà dei fatti si sta facendo grasse risate assieme al pessimismo.
Sei veramente divertente sai? Non credevo, tutti quei ben pensanti sempre a parlare male di te, invece hai un senso dell’umorismo che arriva dritto al punto.
Non abbastanza, risponde il pessimismo, se arrivasse davvero dove vorrei, quei due si sarebbero già infilati in auto e starebbero ad ubriacarsi con tequila di terza scelta in un bar diroccato giù in paese.
L’atmosfera in casa era a metà tra la festa mal riuscita e la veglia funebre. Piccoli gruppetti riuniti a fare chiacchiere concitate senza mai alzare la voce, e tracannare ottimi distillati lisci, al massimo qualche cocktail stra carico.
Alle spalle della realtà dei fatti e del pessimismo ci sono la disfatta ed il fallimento, sono molto divertiti da qualcosa che hanno visto fare alla frustrazione, che continua a provare a far funzionare uno strano marchingegno comprato per l’occasione, in grado di diffondere musica privata nella testa di ognuno.
Ascoltate la vostra canzone preferita al volume che volete e solo nella vostra testa.
Vi basterà focalizzare il pensiero sulla vostra colonna sonora personale e non dovrete fare altro che godervi la musica che amate.
Questo era quello che c’era scritto sulle istruzioni. Ovviamente la frustrazione, pur avendo seguito pedissequamente ogni direttiva fornita dalla ditta, non era riuscita a fare funzionare nulla. Solo un pallido sibilo disturbante si era diffuso per un momento nella testa del senso di disfatta. Acuendo per altro in lui proprio il senso di disfatta che gli aveva dato il nome.
La frustrazione era sul punto di distruggere tutto l’impianto, quando la furia cieca, anticipandola di un secondo, sfonda a cazzotti e calci il costosissimo apparato.
La frustrazione avverte il solito senso di bruciore al petto ed alla bocca dello stomaco. Un’altro bisogno insoddisfatto.
Routine a cui, nonostante tutto non si era ancora abituata. Per quello c’era la rassegnazione. Che continuava a ripetere vabbè, che vi aspettavate? Che davvero funzionasse?
Allora facciamo entrare pure quei due deficienti li fuori, no?
La realtà dei fatti ed il pessimismo, alle parole della rassegnazione, scoppiano a ridere fragorosamente.
Ad un tratto il campanello, di nuovo.
I torti subiti vanno malignamente a guardare allo spioncino della porta, e quando vedono il sorriso smagliante dell’ottimismo, ridono di gusto, con le mani davanti alla bocca. Labbra spaccate e secche, denti rovinati, sguardo cattivo.
Ridono sentendo il dolore nelle risate che cercano di soffocare per non farsi sentire.
Tanto lo sanno che siamo in casa, che senso ha che cercate di non farvi sentire, dice la vendetta, è proprio questo il divertimento in questo gioco, non l’avete ancora capito?
Il gorgo nel cielo continua a riversare cascate d’acqua gelida che si abbatte contro tutti e tutto quello che trova.
La speranza sta cominciando a cedere, si vede dall’espressione che inizia ad essere rassegnata, frustrata, disfatta.
L’ottimismo no. È arrivato da meno tempo, deve essere per quello che continua a fare scintillare quei denti bianchi sotto la luce intermittente dei fulmini e delle saette che spaccano il cielo in mille parti diverse di un inferno che non è più sottoterra.
La realtà dei fatti chiama a raccolta tutti gli invitati, voglio farvi il discorso andiamo su, dice con voce perentoria.
Guardatela, è quasi pronta. Ricordate quando ognuno di voi è venuto con quella veste candida qui fuori a suonare il campanello? Ci siamo passati tutti. Ognuno ha reagito a modo suo, lo sapete meglio di me, non è vero? Dico a voi torti subiti, dico a te ira, dico a te frustrazione, vi ricordate quando anche voi eravate così?
Tuo fratello invece, caro pessimismo, è destinato a restare lì, lo sappiamo tutti.
Siamo gemelli eterozigoti, lo sai.
Lui resterà lì con quell’aria da imbecille fino a che la perdita della speranza lo farà risalire in auto, si andrà a fare il solito giro convinto che da un momento all’altro le cose si metteranno a posto e tornerà qui, ad aspettare assieme ad una nuova speranza.
Lo sappiamo come è che va.
È dalla nascita che siamo l’opposto. Grazie al cielo io sono l’opposto al posto giusto. E lui è l’opposto al freddo e al gelo. Ma pare che nulla possa scalfirlo.
Lo diceva sempre mamma, quando eravamo piccoli, che non avrebbe dovuto cullarlo così tanto vicino al muro.
C’ha ancora le fontanelle aperte secondo me. Glielo avrò spiegato milioni di volte che è una convenzione il fatto che io sia pessimismo, serve solo a darci una nuova speranza destinata a morire in fretta fuori da quella porta, per trasformarsi e rinascere qui dentro nella veste che più gli compete.
Potrebbe essere il sapore di sconfitta, potrebbe essere l’istinto suicida, in ogni caso sarà benvenuta qui dentro. Tra noi.

Mi chiamano pessimismo, ma sono solo realista, ma se questa cosa divenisse opinione comune non avremo più speranze infrante, amori non corrisposti, insomma, questa festa diventerebbe un mortorio.