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E’ scatologico.

24 Dic

Un riflesso nello specchio, lucine colorate intermittenti, rosso blu giallo verde, un brillio di fiamma accende la brace sopita di un sigaretto confezionato a mano, carta di riso, cartone qualsiasi e farcitura a piacimento, le istruzioni per l’assemblaggio sono in rete, anche a natale.

-Non posso essere io quello

disse l’immagine nello specchio subito prima che la nebbia odorosa di canapa diradasse attorno ai contorni della bocca, una bocca carnosa e rossa, denti da fumatore, naso leggermente storto alla base, una frattura appena percepita, i capelli a boccoli disordinati a frastagliare la sagoma di un uomo

-pure sembro io, io che ho di nuovo perso un lavoro, che ho di nuovo lasciato un lavoro perché non me lo potevo permettere

Un ufficio colorato e ricco di dettagli giovani, segretaria all’ingresso sempre un pelino troppo scoperta, quasi fosse messa lì come specchietto per le allodole, quasi come se… sculture in plastica gli ricordarono nettamente quanto un improprio utilizzo di termini stesse rendendo visibile il degrado del mondo illusorio;

una grossa lumaca di plastica verde sulla quale sua figlia aveva giocato a fare la cow girl (o snail girl?) troneggiava all’ingresso subito sotto al decolletè della segretaria per le allodole, una donna robot di un paio di metri di altezza se ne stava inchiodata ad un soffitto rivestito di lamiera forata, doveva essere la decorazione numero milleventicinque dell’ufficio particolare, quello in cui lavoravano le scopande, quelle che attualmente davanla, quelle che invece già la dettero o a cui non sarebbe mai stata chiesta (nemmeno in caso di vita e di morte) sedevano in saloni più ampi ma meno personalizzati, un livello sopra ai cubicoli ma dello stesso concetto; cubicoli mansardati potremmo definirli. Si respirava un’aria malsana di condizionatore per il clima e per l’opinione, tutti avevano un sorriso algido che dava i brividi anche durante l’estate torrida al sole pieno delle spianate di cemento, le ragazze fragranti atte a concupire la manovalanza a colpi di scorci di pelo casualmente lasciati rimirare, solevano discutere il salario ed il pagamento in minigonna, sorseggiando da bottiglie gelate e leccandosi le labbra prima di rilasciare un sospiro rinfrancato. Era come tentare di parlare ad uno spot, ed il nostro non ne ricordava uno, di tutti i più allupati che aveva incrociato durante le tirate massacranti per smantellare o allestire scenari improbabili per il jet set, non ne ricordava uno che avesse seguitato a fare commenti infoiati sulle ragazze dopo avere sostenuto un colloquio con una o tutte loro assieme. Un salto nel vuoto durante il quale il nostro divideva esattamente la porzione di spazio condivisa con una di loro per il tempo che gli sarebbe rimasto a vivere, vivendoselo intensamente nella testa, tutto, ogni qual volta loro si perdevano in sterili elucubrazioni da un minuto sulla possibilità di lavorare e frequentare un ambiente come quello.

Era fuori dalla porta dell’ufficio, il palazzo elegante nel quartiere di prestigio, ronde e camionette ovunque, militari in divisa mimetica e urbana, rosso e nero e sfumature di verde, e soldi, soldi, soldi. Tutti in schede, carte di credito, business, titoli, conti vendita, un giro infinito di soldi, un ufficio di centotrenta metri quadri sopra la disco più antica della capitale, quella con la storia alle spalle, un asfalto che racconta storie luride e laide

-In principio era l’atto

Baffoni a manubrio, collo alto antracite, capelli ricci al vento, calzoni a campana, un debito ed una serie di crediti, incroci e scatole, storie che sembrano le stesse ma che non somigliano in niente alla realtà, pur prendendone tanta in dosi massicce, in ogni modo e con ogni mezzo necessario.

Un sentiero alle spalle di sampietrini divelti e lisci, buche grosse come testuggini spiaccicate, il cervello che si rintana in un buco come una lepre rincorsa dai cani

-Potrei essere io

-Potrei essere

In principio era l’atto In principio era il verbo

un mondo a due sole dimensioni in cui se si mettesse di profilo quella pettoruta segretaria dai lineamenti forti da modella nordica, sarebbe poco più che una listella per coprire gli spifferi di un finestrone, tutti sono sttratti da tutti ma nessuno può mischiarsi a nessuno, interagendo come in un collage, quello è il massimo che l’evoluzione potrebbe fornire ad un mondo a due dimensione, l’invenzione della sfera a mezzo appallottolamento, l’effetto valanga della storia, si raggiunge il livello superiore solo dopo che avremo fatto poltiglia simile a cartapesta del nostro essere bidimensionale,

-Ma non può essere questo l’insegnamento

questo è solo tentativo di bassa lega di sfuggire alla regola che impone che

-quando

-cominci

-a

-parlare

-in

-questo

-modo

stai perdendo il senno che ti tiene ancorato al centro del mondo. Potrebbe essere un bene oppure no.