Routine

4 Mar

Seduto fuori ai tavolini di un bar, un bicchiere di qualcosa con dentro una fetta di limone, un po’ di ghiaccio ed una bottiglietta a fianco, di acqua tonica probabilmente.
Seduti con lui su varie sedie casuali, ci sono gli amici di sempre.
Si conoscono da tutta la vita: stessa scuola, cortile tutti i pomeriggi, poi le biciclette, i motorini fino al primo con l’automobile e la patente. Sono cresciuti insieme.
Chi in un modo, chi in un altro, sono arrivati tutti attorno ai 50 anni.
Hanno perso quasi tutti i vizi, i capelli si sono fatti più radi, qualcuno ha messo su peso, e sicuramente nessuno di loro ha mai fatto sport.
Se lo rivendicano quasi.
C’è quello che ha smesso di farsi le canne per le paranoie, c’è quello che ormai si concede un buon bicchiere di whiskey e un sigaro solo la sera, ce ne sono un paio che sembrano non essere cresciuti mai.
Ancora le canne girate in cesso, ancora la peroni a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Fanno tutti lavori diversi e non ne parlano mai. Così come non parlano mai di calcio o di politica.
Sanno che orientativamente hanno lo stesso concetto di giustizia universale, ed altrettanto sanno che entrare nel dettaglio porterebbe ad una lite interminabile.
Così come non parlano mai neanche delle rispettive famiglie, né di quelle distrutte né di quelle felici.
Passano molto del loro tempo in silenzio, o al massimo a fantasticare.
Si raccontano storie, discutono di come potrebbe essere una colonia su un pianeta lontano, della possibilità dei viaggi nel tempo e del tipo di alterazioni al continuum che questi potrebbero comportare.
Si raccontano i sogni e cercano di trarne un senso, un’interpretazione.
Ogni tanto un passante rompe l’incantesimo:
-Aho a sor mae’ ho visto su’ fija l’altro ieri, la maggiore, ammazza quanto s’è fatta bella!!!
-E beata a voi che l’avete vista sora Mari’ ‘o sa solo iddio quant’è che n’a vedo io!!!
Nessuno chiede, tutti sanno ma nessuno chiede. È giusto così. Un attimo di silenzio, quello che tutti chiamano er Pratico si alza da una sedia e chiede se qualcuno vuole qualcosa da bere, lui sta andando a prendere un’altra Peroni, informa.
Perché essendo pratico davvero, aveva capito che certi silenzi vanno rotti, pure a cazzo de cane, senza un’idea precisa, ma vanno rotti.
Prima di diventare silenzi troppo pesanti da recuperare.
Così ognuno approfitta per dire una qualsiasi cosa, ragionano ad alta voce, si scambiano opinioni su analcolici che hanno bevuto insieme da quando erano ragazzini.
E alla fine si alza pure er Mollica, che tutti pensavano fosse un soprannome, mentre invece era proprio il suo cognome.
Entrano nel bar ed escono dopo un istante con tre bottiglie per uno in mano.
Si siedono, passano a ognuno la sua bevanda e si accomodano di nuovo:
-Stavamo dicendo?
Il pomeriggio procede pigro, mentre la luce compie un arco ed il sole viene sostituito da lampade e lampioni. L’insegna del bar è così vecchia che si legge a malapena, tavolini e ombrelloni fuori vengono chiusi e ammucchiati in un angolo, verranno infilati dentro il locale una volta finite le pulizie dei banchi. Il gruppetto di amici si sta salutando come ogni sera da quarant’anni a questa parte.
Una volta c’erano le mamme ad aspettarli in finestra, ora per qualcuno c’è la figlia affacciata a controllare se papà sta salendo, per qualcun’altro non c’è nessuno.
Ma non ne parlano mai.
Non c’è niente da dire, c’è solo un’altra serata da fare passare, qualcuno cenerà, qualcuno si metterà sul divano con una chitarra in braccio a strimpellare, qualcuno aprirà un libro.
Ognuno ha la sua strategia per arrivare a domani, e nessuno ha idea di quale sia quella giusta.

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