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25 aprile

25 Apr

È il 25 aprile.
La mia liberazione personale ce l’ho ogni mattina quando vado in cesso, per il resto sono schiavo come tutti gli altri.
Schiavo di un sistema a cui non è possibile sottrarsi.
A tutti piace raccontarsi la favola dell’essere padroni delle proprie scelte, ma in realtà siamo padroni solo dei nostri stessi debiti, morali e materiali.
Quando arriverà un esercito a salvarci da un altro penseremo che, finalmente, i buoni sono giunti a prendersi cura di noi.
Ci sembreranno bellissimi e ben nutriti, dallo sguardo dolce e bonario, non come l’esercito di occupazione che hanno appena cacciato, fatto di soldati brutti e cattivi, senza anima né madre,  e ci concederemo felici, poco importerà se un po’ faranno male, penseremo che è un male necessario.
Fino al giorno in cui ci renderemo conto che ad un’occupazione se ne è sostituita un’altra, e niente di più.
La differenza sta nel metodo.
Ed il metodo della nuova occupazione è più morbido, più subdolo, si insinua sottopelle, endovena, si propaga lungo lo scheletro, fino al midollo stesso.
Nessuno libera da nessuno se non ci si libera da soli.
E noi, da soli, non siamo in grado di liberarci da nulla.
Abbiamo tolto le bandiere con le svastiche e i fasci littori, per innalzare quelle con il marchio di McDonald’s, stelle in cielo e strisce sul tavolo a specchio.
Se fossi un po’ meno scettico potrei sfilare in corteo pure io, insieme a tanti altri, allegri e festanti, peccato che di natura non credo nemmeno a quello che vedo allo specchio.
Così come non credo ad una sola parola di quelle che sento e di quelle che dico.
È tutto frutto del momento.
Sarebbe bello non dover parlare, potersi semplicemente trasmettere i pensieri tramite cavetti, le scosse elettriche invierebbero segnali, e nessuno dovrebbe spiegarsi.
Scorgo somiglianze nel modo in cui ci si affida a chi dice di venire a salvarci, ed in quello in cui ci si getta nelle braccia di chi dice di amarci.
La sincerità è un’altra cosa.
Stare bene è un’altra cosa.
Essere liberi è un’altra cosa.
Quel senso di oppressione violenta e repressione cruenta, viene solo sostituito da un senso di oppressione dolce e repressione morbida.
Siamo nati schiavi, schiavi del nostro bisogno di essere accuditi.
Servi delle nostre necessità.
Sordi ai nostri bisogni reali, che spacciamo sempre per sogni adolescenziali.
La mia bandiera è nera, il mio cuore è un buco che ingloba ogni cosa.
Ci vuole troppo coraggio al mondo, per essere soli.
Perché essere soli significa essere padroni del proprio destino.
E non sono molti quelli in grado di farlo.
Io non sono uno di quelli.
Nonostante le mie profonde convinzioni, resto un vigliacco terrorizzato dall’idea di non avere nessuno che mi chiami per augurarmi il buongiorno.
E per questo non mi sono molto simpatico.
Vorrei avere la forza per liberarmi dal male, fosse anche morendo nel tentativo.
Ma non sono nato per essere un eroe.
Sono stato, al massimo, un eroinomane.
Ora sono un signore di mezza età, preda delle sue crisi, e se mi guardo intorno è solo perché spero, sotto sotto, di vedere un bel gruppo di soldati americani, ben nutriti e sorridenti, accorrere per portarmi in salvo, e regalarmi una bella tavoletta di cioccolato.
Mi riempio di belle parole, di pensieri di rivolta, sono i miei partigiani, morti di fame e male in arnese. È la mia resistenza inutile, fatta di staffette in bicicletta che portano ordini nelle varie postazioni, sapendo che ogni mossa è una goccia nel mare.
Fino all’arrivo dei carrarmati alleati, sono lì solo a prendere tempo. E morire tra raffiche e interrogatori.
Ogni notte preparo piani di attacco o difesa, ogni mattina li getto nel fuoco e mi dico che non sono ancora pronto.
Ogni notte sogno di svegliarmi finalmente forte abbastanza, ogni mattina mi sveglio più debole del giorno prima.
È il 25 aprile, festa nazionale.
Si intoneranno canti mentre io metterò su canzoni. Si alzeranno pugni al cielo, mentre io cerco ancora di togliermi le manette dai polsi.
Ascolterò altre belle parole che resteranno soltanto parole, crederò ad ognuna di loro, perché avrò troppa paura di sentire la verità.
Che fa male, lo so.
Nessuno mi può giudicare.
Non peggio di quanto mi giudichi io.
Che sono nato per essere schiavo.
In terra occupata.
Sotto un cielo che non è il mio.
Perché il cielo non è di nessuno, di sicuro di nessuno che conosco.